Il social engineering si manifesta come un’onda insidiosa, mascherata da calma apparente.
Questo articolo si propone di esplorare non solo il concetto stesso, ma anche di navigare attraverso le sue correnti nascoste e imprevedibili.

In quest’era digitale, dove l’informazione è potere, il social engineering rappresenta una forma di ingegneria inversa dell’animo umano, in rado di sfruttare la fiducia e le emozioni delle proprie vittime per violare le difese informatiche più impenetrabili. Qui, non sono tanto i codici e gli algoritmi a essere decifrati, ma le intenzioni e le vulnerabilità umane.

social engineering

In questo articolo, ci addentreremo nelle profondità di questa strategia subdola, esaminando le sue varie incarnazioni e il modo in cui si infiltra silenziosamente nelle nostre vite digitali. Sarà un viaggio illuminante, un percorso verso la consapevolezza e la resilienza nell’ambito della sicurezza informatica.

La storia del social engineering

Il social engineering, conosciuto da tempo nel campo della cybersecurity, si è evoluto da semplici tattiche ingannevoli a sofisticate strategie di manipolazione.

Sebbene il concetto di ingegneria sociale sia stato introdotto nel 1894 dall’industriale olandese J.C. Van Marken, oggi è diventato un metodo di attacco informatico utilizzato nella stragrande maggioranza delle infezioni.

Inizialmente, gli attaccanti usavano chiamate telefoniche per indurre le vittime a rivelare le proprie credenziali, consentendo l’accesso a sistemi aziendali riservati. Oggi, i cybercriminali hanno raffinato queste tecniche e addirittura architettando delle vere e proprie truffe finanziarie che possono causare gravi danni economici e persino la perdita del lavoro per i dipendenti coinvolti​.

Tecniche comuni di social engineering

Il social engineering si distingue per l’uso di una varietà di tecniche sofisticate e tutte quante ingannevoli.

Il phishing è forse la più nota tra queste, dove gli attaccanti inviano e-mail che imitano quelle di entità legittime, come banche o fornitori di servizi, per indurre gli utenti a rivelare dati sensibili. Ad esempio, un’email che sembra provenire dalla propria banca, chiedendo di verificare le credenziali dell’account, è un classico esempio di phishing.

Un’altra tattica comune è il pretexting, che coinvolge la creazione di una falsa identità o contesto per ottenere informazioni personali. Gli aggressori potrebbero impersonare un rappresentante di un’azienda telefonica chiedendo conferma di dettagli personali, sfruttando la fiducia dell’utente.

Il baiting si differenzia per l’uso di un’esca fisica o digitale. Ad esempio, un attaccante potrebbe lasciare una chiavetta USB infetta in un luogo visibile, attirando la curiosità della vittima che, collegandola al proprio computer, innescherebbe l’installazione di malware.

Infine, il tailgating o “piggybacking” è un metodo più fisico, dove un attaccante segue qualcuno in un’area protetta o sensibile. Un tipico scenario vede l’attaccante impersonare un corriere o un dipendente senza badge, facendosi aprire la porta da un dipendente ignaro.

Tutte queste tecniche sfruttano la naturale tendenza umana a dare credito (o fiducia) e alla curiosità, rendendo il social engineering una minaccia particolarmente insidiosa e difficile da rilevare.

Canali di comunicazione sfruttati dal social engineering

Il social engineering sfrutta diversi canali di comunicazione per raggiungere le sue vittime e manipolarle efficacemente.
Ecco alcuni dei canali più comuni:

  1. E-mail o posta elettronica: si tratta del canale più utilizzato per attacchi di phishing e spear-phishing.
  2. Telefonate: specialmente impiegate negli attacchi di vishing, dove gli aggressori chiamano le vittime fingendosi di un’organizzazione fidata per ottenere informazioni personali o finanziarie.
  3. Messaggi di Testo (SMS): noto come smishing, implica l’invio di messaggi di testo ingannevoli per indurre le vittime a cliccare su link malevoli o a divulgare informazioni personali.
  4. Social network: gli aggressori utilizzano piattaforme social per raccogliere informazioni personali delle vittime o per inviare messaggi e link ingannevoli.
  5. Siti web trufaldini: in questo caso di parla di pagine web che imitano siti legittimi è un altro metodo per truffare le vittime affinché inseriscano i loro dati.

Principi psicologici sfruttati dagli attaccanti

Gli attacchi di social engineering sono profondamente radicati nella psicologia umana, sfruttando debolezze e predisposizioni comportamentali innate.
Al centro di questa pratica c’è l’abilità di manipolare le vittime facendo leva su principi psicologici universali.

Ad esempio, l’impulso a rispondere positivamente all’autorità viene sfruttato quando un attaccante si finge un dirigente aziendale, inducendo obbedienza incondizionata. Analogamente, il desiderio di ricambiare un favore può essere manipolato attraverso piccoli gesti di cortesia, spingendo la vittima a condividere informazioni confidenziali. Inoltre, la tendenza umana a seguire il comportamento della maggioranza, nota come prova sociale, viene utilizzata per convincere le persone ad adottare comportamenti che normalmente eviterebbero.

Prevenzione e difesa

Prevenire e difendersi dal social engineering richiede una combinazione di consapevolezza, educazione e misure tecnologiche.
Fondamentale è la formazione continua per rimanere aggiornati sulle tattiche in evoluzione impiegate degli attaccanti.
Mantenere una vigilanza costante e nutrire un sano scetticismo verso richieste inaspettate o comunicazioni sospette è cruciale.

Implementare protocolli di sicurezza robusti, come l’autenticazione a più fattori, aggiunge un ulteriore strato di protezione. Infine, la difesa dal social engineering trascende le sole soluzioni tecnologiche; richiede un cambiamento di mentalità dove prudenza e conoscenza diventano le linee guida fondamentali.